Il “lungo” o “lunghissimo” è l’allenamento cardine per lo
sviluppo della resistenza aerobica generale e per il miglioramento della
potenza lipidica parametro fisiologico fondamentale per compiere la maratona.
Per un maratoneta infatti nessun altro mezzo di allenamento
è indispensabile, perché può essere sostituito da un’altro o dall’insieme di
altri due, ma se si vuole finire la gara di 42,195 km bisogna per
forza compiere alcune sedute superiori ai 30-32 km e successivamente di
34-35 km
e più.
L’agonista o l’amatore che, in gara o in allenamento, hanno
già percorso più volte distanze lunghe sembrano necessitare di un numero
inferiore di sedute di “lunghissimo”, come se certi adattamenti fisiologici
permangano per tempo; lontano dalla maratona invece l’atleta può rimanere anche
qualche mese senza compiere tratti superiori ai 20 km
Il chilometraggio indispensabile per preparare bene la
maratona (sopra i 34 km )
può essere raggiunto senza soffrire solo per gradi, cioè aumentando di qualche
chilometro per volta la distanza più lunga che si fa in allenamento, ogni 2
settimane. Per esempio si compiono 30-32 km , poi dopo 15 giorni se ne fanno 34-35 e
dopo altre due settimane si prova a fare 36-38 km.
Esso ha le seguenti caratteristiche generali:
– Finalità: è un allenamento di fascia 1, che come detto
precedentemente serve per sviluppare caratteristiche di resistenza generale.
Nel principiante serve per adattare la mente ad uno sforzo
prolungato, sia pure di bassa intensità. Muscoli, tendini, legamenti e
articolazioni si rinforzano per eseguire il gesto della corsa ed ottenere il
massimo rendimento con il minimo sforzo, i meccanismi di termoregolazione e
idratazione si migliorano
Nell’agonista serve per migliorare la potenza lipidica, cioè
la capacità dei muscoli di produrre energia dall’ossidazione dei grassi
nell’unità di tempo, e per perfezionare la tecnica di corsa rendendola meno
dispendiosa, allentando le tensioni e gli irrigidimenti dovuti alla fatica
fisica di uno sforzo prolungato.
– Distanza: il principiante che si pone come obiettivo quello di terminare la maratona, può partire con un allenamento di
Km.
– Respirazione:
viene corso a respirazione facile RF dal momento che il ritmo è quello della
soglia aerobica.
– Sforzo: sulla scala di Borg da 0 a 10 il livello di fatica
deve essere 1-2 ed aumenta a 3 verso gli ultimi chilometri.
– Ritmo:
il principiante avendo come obiettivo quello di arrivare al termine della
maratona non stremato dalla fatica, avrà adattamenti positivi anche correndolo
ad andature basse, più basse del “lento”, quindi con respirazione facile e
livello di fatica da 1 a
2 che potrà aumentare verso gli ultimi chilometri. Tale allenamento produrrà
con innalzamento della soglia aerobica che si avvicinerà alla soglia
anaerobica, ma và comunque sempre corso ad un ritmo più lento di quello che si
terrà in gara. L’agonista o comunque chi ha già corso la maratona tenderà a
correrlo all’andatura tenuta in gara, cioè al “ritmo maratona”, e dovrebbe fare
riferimento alla velocità della “massima potenza lipidica” alla quale si ha il
massimo consumo di grassi per minuto, misurata o con test degli scambi gassosi
o estrapolata dalla velocità della soglia anerobica.
Come si può vedere dalla figura 3 , le curve indicano l’andamento della potenza lipidica in funzione della velocità di corsa: al punto 1 corrisponde la massima potenza lipidica, al punto 2 corrisponde la velocità a cui si corre la maratona e al punto 3 corrisponde la soglia anaerobica. Grazie agli allenamenti, il passaggio dalla curva A alla B e alla C comporterà un’innalzamento della massima potenza lipidica e anche della potenza lipidica al ritmo maratona, consentendo in gara un più alto utilizzo dei grassi corporei per fornire energia con conseguente risparmio di glicogeno muscolare. Dalla figura si noterà anche che correndo a ritmi più lenti di quello della massima potenza lipidica si ha ugualmente un’alto consumo di grassi e pertanto si ha un notevole stimolo al miglioramento di questa caratteristica; al di sotto e al di sopra di certe velocità di corsa e di VO2max infatti la potenza lipidica diminuisce, in entrambi i casi. Ecco perché l’agonista, dopo un iniziale periodo dove si sarà allenato per aumentare la distanza percorsa non deve correre il “lungo” a ritmo del lento, dal momento che sarebbe una velocità troppo bassa per sviluppare un’adattamento, ma piuttosto ad un’andatura di 15”
– Dosaggio settimanale: tenendo in considerazione del tipo
di stanchezza che questo allenamento produce, soprattutto a livello muscolare e
tendineo, e del fatto che permette di ottenere buoni adattamenti con un numero
non elevato di sedute, può essere utilizzato ogni 2 settimane, percorrendo
nella settimana di mezzo un chilometraggio inferiore, per esempio 30 km , 18 km , 32 km , 20 km , 34 km , percorrendo quindi
nelle 12-16 settimane che precedono la maratona 5 o 6 lunghissimi. Se per
qualche motivo un podista è costretto a stare 3-4 settimane senza correre il
“lungo”, può correrlo due settimane consecutive a patto che venga saltato nella
terza.
– Progressione del lavoro: si possono aggiungere ogni volta
2-3 km
rispetto alla distanza percorsa precedentemente, impiegando quindi alcune
settimane per arrivare sopra i 32
km se si parte da una percorrenza iniziale di 20 km . Nel caso di un atleta
facilmente soggetto ad infortunio il “lunghissimo” può essere corso anche ogni
3 settimane per consentire un adeguato adattamento di tendini, legamenti e di
tutto l’apparato locomotore allo stress meccanico indotto da questo tipo di
corsa.
Abbigliamento e integrazione: dal momento che deve essere
un’allenamento simulazione di gara, bisogna usare scarpe e abbigliamento che si
useranno quel giorno, ed anche l’integrazione con gel e bevanda idrosalina và
provata per testare la reazione gastrica in ottica del giorno della competizione.
Fonte: Stefano Mosca.it
Fonte: Stefano Mosca.it